L’attaccamento al risultato (MdM 18)

30 Gennaio 2023
Scritto da Elisa Romeo

Scrive Gabriele Oettingen nel suo libro ‘Io non penso postivo‘:

“Alcune persone iniziano a utilizzare il woop per esaudire subito un desiderio, e non per raggiungere una maggiore chiarezza. Sono proprio loro che potrebbero rimanere più delusi se non vedono risultati, e decidere di abbandonare appena dopo il primo tentativo.
Se quando applichi il woop ti capita di non avere dei riscontri immediati, i motivi potrebbero essere molteplici.
Forse non ti stai attenendo alla procedura nella maniera corretta, oppure il desiderio che hai scelto è troppo ambizioso e hai ancora bisogno di entrarci in sintonia.
Indipendentemente da questo, cerca di non scoraggiarti e di non affrettare le conclusioni. Piuttosto, fai qualche aggiustamento e riprova.
Quando si arriva a inquadrare i propri desideri, uno dei benefici maggiori del woop è aiutarci a selezionare e perseguire proprio quelli che sono più abbordabili e ad abbandonare quelli che non lo sono.”

Oggi voglio fare l’avvocato del diavolo e mettere in discussione l’importanza del risultato, dell’obiettivo; non perché non sia importante e motivante darsi degli obiettivi, anzi: ci permette di di crescere e di esplorare ambiti nuovi.
Però, dato che questo podcast si chiama Mai dire Mindfulness, non posso dimenticare che uno dei pilastri della mindfulness è proprio il non attaccamento al risultato.

Spesso siamo talmente abituati a darci degli obiettivi, perché è molto utile farlo, o anche perché in maniera un po’ più tossica è la società che continua a chiederci sempre performance, risultati, crescita, che ci viene quasi spontaneo applicarlo anche quando l’abitudine che vogliamo raggiungere riguarda proprio la nostra crescita personale.

‘Iniziare un percorso di mindfulness’, o ‘arrivare a meditare mezz’ora al giorno’, ad esempio, non sono da considerare come gli obiettivi tipo ‘voglio correre cinque chilometri di corsa’.
Perché dico questo?
Perché il pericolo è proprio quello di attaccarsi al risultato e di perdere di vista il fatto che in realtà il percorso che ci porta verso quell’obiettivo è la cosa più importante, è ciò che ci fa realmente crescere.
Per quanto riguarda la meditazione, non è arrivare a spuntare la casellina dei trenta minuti di pratica ciò che conta, ma è l’esperienza che si è fatta anche solo cercando di meditare quella giornata

Quando applichiamo la tecnica WOOP per raggiungere un obiettivo, potremmo focalizzarci sul fatto di arrivare a questo obiettivo e magari vogliamo anche farlo subito, ma così ci perdiamo il fatto che il vantaggio più grande che ci da applicare questa tecnica sia proprio fare una maggiore chiarezza.
Come siamo fatti?
Cosa vogliamo?
Questo in realtà è il valore più grande che ci da questa tecnica.

E quindi cosa succede? Che se perdiamo di vista questo valore, rimaniamo subito delusi se ad esempio non vediamo i risultati immediatamente, cosa che può essere assolutamente normale in caso di obiettivi complessi, dove gli ostacoli sono stratificati.
E magari si tratta di stimoli esterni che nascondono qualcosa di interiore, che va lavorato con pazienza e magari è più complesso da affrontare.
La stessa cosa si può dire per la meditazione, ad esempio.
Magari proviamo a meditare ripetutamente, e quello che ci distrae ci sembra essere qualcosa di esterno, ad esempio.

Quindi ci focalizziamo sul trovare le circostanze esterne migliori, togliendo il focus dall’esperienza della meditazione in sé e dedichiamo il nostro tempo a cercare il luogo giusto, gli accessori giusti, il momento giusto, oppure restiamo in attesa che arrivi il momento ideale, passano i giorni e noi non ci dedichiamo alle pratiche di meditazione.

Un’altra cosa che può aiutarci a comprendere meglio noi stessi, quando non raggiungiamo l’obiettivo, è quello di chiederci se in realtà stiamo perseguendo l’obiettivo giusto: fa davvero per me questa cosa? È davvero ciò di cui ho bisogno?
Magari stiamo vivendo una situazione in cui quel desiderio, in quel momento, ci sembra la cosa migliore per noi. Ma col passare del tempo le cose cambiano, e accorgersene diventa davvero fondamentale per la nostra soddisfazione e il nostro benessere.

La stessa cosa vale per la meditazione: spesso ho parlato di quanti tipi di meditazione si possono provare; anzi, spesso esorto a provarne diversi, soprattutto all’inizio, ma anche dopo un po’ di tempo che si pratica, proprio perché non tutte le modalità sono adatte a noi, anche da un giorno all’altro.
Ad esempio, difficilmente pratico lo stesso tipo di meditazione tutti i giorni, perché ci sono giorni in cui ho bisogno di una pratica più attiva, dei giorni in cui ho bisogno di cantare dei mantra per cercare di ritrovare il mio centro, altri giorni in cui invece mi basta chiudere gli occhi a gambe incrociate in qualsiasi posto mi trovo e riesco a stare mezz’ora nello stato meditativo facilmente.

Ma è assolutamente normale che sia così. Quindi chiediamoci se i passi che stiamo facendo sono ancora nella direzione giusta per noi.

Il terzo aspetto di cui tenere conto è che potremmo non stare applicando la procedura corretta.

Ad esempio, per quanto riguarda il WOOP, magari ci dimentichiamo di fantasticare, di immaginare e lasciamo tutto al piano razionale; ma usare l’immaginazione e anche percepire le sensazioni attraverso il corpo è molto potente ed è importantissimo.
Quindi non basta pensarci. Non basta leggere la frase a livello razionale, se vogliamo far scendere in profondità la tecnica.

La stessa cosa vale per la meditazione: magari stiamo lì quei minuti nello stato meditativo, però in realtà, invece di osservare quello che arriva, ci sforziamo di non avere pensieri, ad esempio, e quindi questo sforzarci non ci da i benefici che ci avrebbe dato la pratica se fossimo rimasti semplicemente in ascolto.
Perché ci sono dei giorni in cui è impossibile trovare un varco nella ragnatela dei pensieri che arrivano.
Ma la pratica dell’ascolto è proprio questa: rendersi conto del fatto che ci sono tanti pensieri senza volerli contrastare. Questo ci può dare un grande beneficio, anche se magari per l’idea che ci eravamo fatti nella mente non è meditazione.

Come possiamo comprendere tutto questo?
Distaccandoci dal risultato, osservando quello che stiamo vivendo da un punto di vista esterno.

É per questo che l’attaccamento al risultato ci fa perdere di vista ciò che è importante nel percorso.
Ed è questo uno degli insegnamenti più grandi che può darci la pratica mindfulness: ricordarci che quando ci attacchiamo a qualcosa perdiamo tutto il resto, e quindi abituarci ad alzare lo sguardo.
Fare questo paradossalmente ci porta anche più in fretta e in modo più efficace al nostro ‘obiettivo’.

Quindi, nel caso della meditazione, staccarci dall’obiettivo di vedere noi stessi che rimaniamo in pace senza pensieri per mezz’ora e vivere l’esperienza di quei minuti che ci stiamo dedicando, rimanendo in ascolto e osservando ciò che arriva senza porci un obiettivo, è proprio quello che ci permette di entrare più in più facilmente nello stato meditativo.

E così vale per l’ottenimento del risultato.
Se ci focalizziamo in maniera specifica solo sull’ottenere quel risultato a tutti i costi, ci perdiamo quello che ci fa realmente crescere, e che ci dà le risorse, tutte le risorse che abbiamo, per poterlo raggiungere e focalizzarci sul percorso di crescita che sta avvenendo mentre ci incamminiamo verso l’obiettivo.

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