In questo articolo ti spiego cos’è la mindfulness, come puoi iniziare a praticarla e quali sono i suoi benefici.
Cosa significa ‘mindfulness’
Mindfulness letteralmente vuol dire ‘consapevolezza’, quindi parlare di pratiche mindfulness o ‘pratiche di consapevolezza’ è assolutamente la stessa cosa.
Il termine inglese nasce dal tentativo di traduzione del termine Sati, che in lingua Pali indica proprio questa consapevolezza.
Ma consapevolezza di cosa?
Essenzialmente di quello che c’è qui e ora.
Si tratta di un’attenzione consapevole e intenzionale, volta all’osservazione – piuttosto che al giudizio – di ciò che stai facendo in questo momento: respirando, pensando, muovendoti, leggendo questo articolo….
Come scrive il monaco buddhista Thich Nhat Hanh, consapevolezza
“Significa, innanzitutto, che ci fermiamo per osservare a fondo ciò che sta accadendo nel momento presente. […] la pratica della consapevolezza conduce alla concentrazione, che a sua volta conduce alla visione profonda. […] Consapevolezza, concentrazione e saggezza contribuiscono a creare un sentiero che condurrà a pace e felicità, a trasformazione e guarigione.”
Dove nasce la mindfulness
La mindfulness è considerata il cuore della pratica buddhista; la presenza mentale, o attenzione consapevole, è il settimo pilastro del Nobile Ottuplice Sentiero per raggiungere l’illuminazione.
Questa pratica è stata poi diffusa in Occidente nel secolo scorso principalmente da Jon Kabat-Zinn, biologo e scrittore, che ha ideato il famoso metodo MBSR (protocollo di consapevolezza per la riduzione dello stress), adattando le pratiche tibetane allo stile di vita occidentale; e da Thich Nhat Hanh, monaco buddhista, leader spirituale e attivista per la pace.
In ogni caso, non serve affatto essere buddhisti o praticanti di una religione particolare per allenare la presenza mentale e ricavarne i molti benefici per la salute fisica, mentale ed emotiva.
Quali sono i benefici della mindfulness
Uno dei motivi per cui è molto benefico praticare la consapevolezza, e quindi allenarla, è che il nostro cervello è programmato per rendere automatiche tutte le nostre reazioni e comportamenti abituali, in modo che possiamo rivolgere la nostra attenzione ad altro e consumare meno energia.
L’automatizzazione dei comportamenti abituali ha un’enorme valenza adattiva, e nella maggioranza dei casi è molto utile: ci permette, ad esempio, di parlare con un nostro amico mentre guidiamo, senza dover controllare continuamente ogni singola azione della guida.
Ci sono casi, però, in cui gli automatismi ci creano problemi più o meno grandi nella nostra vita.
Si tratta di tutte quelle reazioni emotive, o credenze mentali, che abbiamo assorbito durante l’infanzia, grazie all’ambiente culturale in cui eravamo immersi e alle relazioni significative che abbiamo avuto.
Spesso, queste informazioni o reazioni emotive sono servite per rispondere a bisogni essenziali alla nostra crescita, ma dal momento in cui appaiono decontestualizzate perdono la loro efficacia impedendoci di soddisfare proprio quei bisogni per i quali sono nate.
Le abitudini finiscono così per governare le nostre giornate, talmente oberate di impegni che ci costringono ad affrontare ogni cosa di corsa, senza avere il tempo di accorgerci di tutte le azioni che compiamo come reazione inconsapevole agli stimoli ambientali e relazionali.
Molte di queste reazioni, però, finiscono per essere disfunzionali e, se davvero vogliamo cambiare i nostri comportamenti per migliorare la nostra salute e la nostra vita, dobbiamo cominciare a prestare attenzione a questi automatismi.
Solo in questo modo potremo davvero apportare quei cambiamenti che desideriamo.
Prendersi il tempo per ascoltare il proprio corpo e i segnali che attraverso di esso ci mandano le emozioni ci permette di intervenire per accoglierle ed elaborarle molto prima che esse scatenino malesseri profondi.
È per questo che le pratiche di consapevolezza hanno effetti positivi non solo quando le patologie e la sofferenza sono già in atto, ma anche – e forse in maniera ancora più importante – nella prevenzione dell’insorgenza delle stesse.
È importante sottolinearlo, poiché tendiamo spesso a cercare un rimedio quando la sofferenza è già conclamata, ma dimentichiamo spesso i maggiori benefici della prevenzione.
Ma con la pratica costante e graduale cominceremo ad ottenere risultati sempre migliori e grandi benefici dal punto di vista fisico e psicologico.
Molti studi, inoltre, dimostrano che la pratica della consapevolezza aumenta la Memoria di Lavoro: riusciamo cioè a ricordarci meglio ciò che studiamo o leggiamo, migliorando la capacità del cervello di concentrarsi su una singola cosa eliminando le distrazioni.
Per riuscire ad avere i migliori risultati, però, la chiave risulta essere la continuità nella pratica; i benefici aumentano infatti in maniera proporzionale alle ore di pratica.
Diversi studi hanno dimostrato infatti che una pratica saltuaria può dare benefici immediati, ma anche transitori; con la costanza, invece, queste positive modifiche diventano più stabili nel tempo, e quindi arrivano ad essere caratteristiche di tratto.
Come si pratica la Mindfulness
Ci sono molti modi per avvicinarsi alle pratiche di consapevolezza; il più semplice ed immediato è quello di ascoltare il proprio respiro.
Ascoltare il respiro
Fermati un momento proprio ora, facendo un bel respiro profondo e ascoltando il rumore dell’aria che entra e che esce, magari chiudendo gli occhi (puoi proseguire la lettura tra un istante).
…
Come scrive il monaco Thich Nhat Hanh nel libro Le Quattro verità dell’Esistenza:
“Riuscire a fermarsi, respirare e camminare o muoversi in consapevolezza sono la chiave per la pratica. Lo si può fare ovunque, in qualsiasi momento. Possiamo dire:
Inspirando so che questa è la mia inspirazione.
Espirando so che questa è la mia espirazione.
È molto semplice, ma estremamente efficace. Quando rivolgiamo l’attenzione alla nostra inspirazione e alla nostra espirazione smettiamo di pensare al passato, smettiamo di pensare al futuro e cominciamo a tornare a noi stessi. Tornare a noi stessi è la prima cosa da fare.”
Anche prendersi un momento per ascoltarsi è una pratica mindfulness: significa infatti portare intenzionalmente l’attenzione su qualche cosa in particolare, interno o esterno a noi.
Uno strumento efficacissimo per tornare presenti al nostro corpo e al momento presente, come abbiamo visto, è proprio il respiro: fare uno o più respiri in modo consapevole – e profondo – porta subito la nostra attenzione nel nostro corpo e al momento presente, creando il punto di partenza per praticare la piena consapevolezza.
Questo esercizio ci aiuta anche a renderci conto del modo in cui siamo soliti respirare: spesso la nostra respirazione diventa alta e superficiale, perché ci troviamo ad affrontare situazioni più o meno stressanti in modo consapevole.
Riportare l’attenzione al respiro ci permette di renderlo più profondo e calmo, e questo ha numerosi benefici a livello emozionale e fisico: alleviamento dello stato di tensione e stress, abbassamento della pressione, maggior ossigenazione del sangue e del cervello, solo per citarne alcuni.
Anche le nostre percezioni possono essere allenate in modo da passare più facilmente sotto il controllo cosciente; se proviamo a prestare attenzione ai singoli sensi, durante una piccola seduta di meditazione, ci rendiamo conto di quanti stimoli vengano bypassati continuamente dal controllo cosciente, la respirazione in primis.
Il fatto di respirare spesso in modo inconsapevole, come dicevamo, fa sì che la respirazione venga disturbata dalle emozioni (anch’esse non coscienti) che via via proviamo durante la giornata, e che, inutile sottolinearlo, al giorno d’oggi sono sempre più caratterizzate da ansia, preoccupazione, stress.
Di conseguenza, la respirazione diventa alta, veloce e superficiale, alimentando lo stato d’animo di allerta e ansioso che porta a lungo andare alla diminuzione del nostro benessere.
Portare l’attenzione al respiro, dunque, ci permette di rallentarlo e renderlo più profondo, aiutando il battito cardiaco a scendere di frequenza e permettendo una migliore ossigenazione dei polmoni e del corpo intero, con numerosi benefici anche dal punto di vista emotivo e razionale.
Portando l’attenzione ai vari sensi, durante la respirazione, possiamo ascoltare il rumore del nostro respiro; percepire la diversa temperatura dell’aria che entra da quella che esce; le costole e l’addome che si estroflettono; accorgerci degli eventuali profumi nell’aria.
Questo tipo di pratica, se affrontata spesso, allena la nostra attenzione selettiva, scomponendo l’esperienza percettiva in stimoli sempre più semplici, affinando anche la capacità discriminativa dei nostri sensi.
Oltre al portare l’attenzione al respiro, ci sono molte altre pratiche per allenare la piena consapevolezza; esse aiutano proprio ad accorgerci, durante la giornata, di tutte quelle cose a cui i nostri sensi si sono assuefatti.
E questo non perché dobbiamo essere attenti e consapevoli di ogni cosa in ogni minuto della giornata, ma per abituarci a decidere noi a cosa volgere la nostra attenzione, così che faremo sempre meno fatica a diventare consapevoli quando ne abbiamo davvero bisogno.
La Mindful Bell
La prima di queste pratiche – e forse anche la più semplice – è quella della Mindful Bell: consiste nel puntare alcune sveglie casuali durante la giornata (più sono, meglio è; nei monasteri tibetani suona ogni quarto d’ora, ad esempio).
Ogni volta che la campana suonerà, si tratta di provare a fermarci un momento per portare l’attenzione consapevole su quello che stavamo facendo; questo per verificare se stessimo agendo sotto il controllo del pilota automatico (magari mentre ci stavamo preoccupando di qualche eventuale faccenda futura) oppure se fossimo coscienti delle nostre azioni.
Quando senti suonare la campana, quindi, puoi concentrarti sulle sensazioni corporee che stai provando, o sui pensieri che emergono alla coscienza; quando ti accorgi del fatto che i pensieri ti hanno trasportato lontano da ciò che stavi osservando, osserva anche loro e poi lasciali andare, tornando con l’attenzione dove vuoi che stia.
In questo modo ci alleniamo ad essere più presenti durante la giornata, per riuscire a rispondere agli eventi in modo consapevole e non ritrovarci in balia di reazioni emotive e automatiche – che ci trascinano spesso in circoli viziosi sempre più difficili da scardinare!
Body scan
Un altro esercizio molto efficace di consapevolezza è quello del ‘body-scan’: consiste nel portare la consapevolezza alle varie parti del corpo, in successione.
Nella versione prevista dal protocollo MBRS, questo esercizio andrebbe praticato in posizione sdraiata, per la difficoltà di mantenere a lungo una posizione seduta.
Anche in questa pratica, i sensi ci possono aiutare a focalizzarci sulle varie parti del corpo: attraverso il tatto possiamo percepire i vestiti sulla pelle, o la superficie su cui siamo sdraiati, ad esempio, oppure i movimenti indotti dalla respirazione in alcune parti del corpo.
Durante le prime prove di questo esercizio, ci rendiamo conto di quanto poco la nostra mente sia abituata a mantenere l’attenzione su un singolo stimolo, quando invece durante la giornata i nostri pensieri si susseguono alla velocità della luce mentre la vita ci scorre accanto.
Passare in rassegna lo stato del nostro corpo, passando lentamente da una zona all’altra, ci permette non solo di allenare la nostra attenzione focalizzata, ma anche di connetterci con le sensazioni del nostro corpo, e percepire se ci sono tensioni particolari, o stati emotivi che di solito non ascoltiamo.
Questo ci aiuta ad un rapporto più consapevole con le nostre emozioni, e di conseguenza ad una conoscenza più profonda di noi stessi.
Molto spesso, infatti, accumuliamo nel nostro corpo stati di tensioni dovuti ad emozioni latenti, non ascoltate o affrontate; questo causa spesso stress e malesseri a livello fisico e psicologico.
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I disabituatori
Un’altra pratica – tra l’altro anche molto divertente – per attivare la consapevolezza durante la giornata è quello dei cosiddetti ‘disabituatori’: piccole azioni cioè volte a disinnescare tutti quei piccoli automatismi quotidiani che di solito agiamo sotto il controllo del ‘pilota automatico’, e cioè al di sotto del livello di coscienza.
Per fare questo, basta spostare alcuni oggetti della nostra vita quotidiana, ad esempio il sapone sul lavandino, dalla parte opposta, oppure provare a compiere azioni abituali (come lavarsi i denti) con l’altra mano rispetto a quella consueta.
Ci renderemo immediatamente conto che quell’azione era ormai passata al nostro pilota automatico, e in quel momento saremo costretti a prestare attenzione all’azione per poterla efficacemente portare a termine.
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